Che cos’è quella cosa che hai sul braccio?”

Durante l’estate, complice l’abbigliamento a maniche corte o smanicato, il costume al mare o in piscina, questa è una delle domande che più spesso si sentono fare le persone con diabete.

I sensori per la rilevazione della glicemia sono ormai uno degli strumenti più utilizzati dalle persone con diabete di tipo 1: possono essere di forma circolare o un po’ allungata, in base al modello, sono piccoli oggetti tecnologici che negli ultimi anni sono diventanti di uso comune da chi è affetto da questa patologia.

Ma come funzionano?

Si applicano direttamente sulla cute, grazie a un inseritore meccanico che fa in modo che un piccolo filamento penetri nel sottocute e permetta la rilevazione della glicemia. La parte rigida che resta in vista rimane attaccata alla pelle grazie ad un cerotto adesivo.

L’applicazione dei sensori è semplice, veloce e ognuno la può fare a casa in autonomia.

I sensori hanno un tempo di avvio che si aggira all’incirca sulle 2 ore per poi avere una vita che varia, in base al modello, da 7 a 14 giorni. Scaduto il periodo, il sensore deve essere sostituito perché non rileverà più la glicemia.

A seconda dei modelli, varia il metodo di lettura della glicemia: ci sono sensori che prevedono che la lettura della glicemia venga effettuata scansionando il sensore stesso con un lettore elettronico o con il cellulare, grazie ad apposite applicazioni.

I più evoluti, così detti CGM (monitoraggio continuo del glucosio), effettuano una lettura della glicemia ogni 5 minuti autonomamente, inviando il dato rilevato anche in questo caso a un ricevitore o direttamente sul telefono cellulare.
In entrambi i casi, oltre alla lettura istantanea, indicano anche se il valore della glicemia è stabile, in diminuzione o in aumento.

Ormai sempre più precisi, quasi tutti i modelli di CGM permettono (come da indicazioni delle case produttrici) di prendere decisioni terapeutiche; sono dotati di allarmi che avvisano la persona in caso di ipoglicemia imminente o anche di iperglicemia, dando così al paziente la possibilità di agire tempestivamente per intervenire, ovvero scegliere se fare insulina o assumere carboidrati al bisogno.

Questo non rende totalmente esenti i pazienti dalle punture con pungi-dito: alcuni modelli richiedono quotidianamente che la glicemia venga verificata 1 o 2 volte tramite il tradizionale glucometro, per controllare che il sensore restituisca un valore attendibile.
Può succedere a volte che i valori si discostino dalla misurazione classica (ancora oggi rimane quella più attendibile); c’è quindi la possibilità di inserire il dato manualmente sull’apposito lettore o nella applicazione del telefono, in modo da rettificare la lettura del sensore.

Alcuni modelli, “parlano” con i microinfusori che oramai molti pazienti con diabete di tipo 1 utilizzano per la somministrazione dell’insulina: il valore rilevato dal sensore viene comunicato al microinfusore che in autonomia decide se aumentare, diminuire, sospendere le erogazioni dell’insulina in base al trend indicato dal sensore.

Insomma, questi piccoli bottoncini che si attaccano sulla pelle, sono degli “aiutanti” preziosissimi per le persone con diabete di tipo 1.

Basti pensare che fino a qualche anno fa, prima dell’avvento dei sensori, per sapere il valore della glicemia era necessario fare sempre uno stick col pungi-dito, il che comportava decine di micro-punture ogni giorno.

Oggi invece, la tecnologia, rende i pazienti più liberi, più leggeri ed anche speranzosi che si possano fare ancora lunghi passi avanti per convivere con serenità con il diabete.

Simone Z.

Grazie a “Il Pais” e in particolar modo a Alessia, Marta, Simone e Zani Piasenzotto

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